Ipossia: poco ossigeno nel corpo, tanto pericolo per la vita

Con il termine ipossia si indica una condizione patologica con una diminuzione dell’ossigeno nel sangue che può coinvolgere qualsiasi organo del corpo.

Di conseguenza questa scarsità di ossigeno ha ripercussioni su ogni processo cellulare e sistemico che richieda l’impiego di energia, provocando un danno al tessuto correlato alla durata dell’evento ipossico.

Ipossia e ipossiemia sono la stessa cosa?

Ipossia e ipossiemia non sono la stessa cosa. Sebbene siano simili tra loro, non hanno lo stesso significato: si può invece affermare che uno sia la conseguenza dell’altro.

L’ipossiemia è sinonimo di poco ossigeno nel sangue. Lo si deduce anche esaminando il suffisso “–emia”, che significa sangue. Il suo sintomo più classico è la difficoltà di respiro, detta dispnea: in questo caso il soggetto ha la sensazione di respirare con difficoltà.

Questa condizione è soggettiva, viene avvertita in modo diverso dai pazienti, ed è più comunemente descritta come “affanno”, “fame d’aria”, “senso di peso sul torace” e “incapacità di effettuare un respiro profondo”.

Le cause più frequenti di dispnea comprendono asma, polmonite, broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e ischemia miocardica.

Ipossia: poco ossigeno nel corpo

Un esempio di Ipossia: il soggetto avverte la scarsa presenza di ossigeno nel corpo

L’ipossia, invece, riguarda la quantità di ossigeno disponibile a livello dei tessuti, la cui carenza non è sempre dovuta a uno stato di ipossiemia. L’ipossia può essere:

  • anemica (causata dall’anemia)
  • circolatoria (dovuta ad un flusso sanguigno insufficiente dovuto ad infarto o scompenso cardiaco)
  • istotossica (dovuta all’incapacità dei tessuti di utilizzare l’ossigeno)
  • metabolica (quando vi è una richiesta di ossigeno superiore rispetto al fabbisogno normale)

Rimedi e indicazioni: l’ossigenoterapia

Fiato corto, mal di testa, tachicardia, problemi di vista o capogiri, sono molto spesso alcuni dei sintomi più frequenti che possono aiutarci a riconoscere un’ipossia.

È sempre consigliato rivolgersi a un medico per effettuare dei controlli e degli accertamenti. Infatti occorre essere consapevoli che un’ipossia grave può dare il via ad un danneggiamento velocissimo e irreversibile di parti del corpo molto importanti. In soli 4 minuti possono essere colpiti organi come il cervello, il cuore e il fegato, con conseguenze quali convulsioni, coma o in casi molto gravi anche il decesso.

Anche un’ipossia di grado moderato, se cronica, può danneggiare gli organi. Se i sintomi si presentano in modo grave, probabilmente potrebbe essere necessario un aiuto meccanico per agevolare la respirazione.

Al contrario, invece, nel momento in cui si manifesta un livello di ipossia moderata, che presenta sintomi più lievi come fiato corto, potrebbe essere raccomandato un trattamento di ossigenoterapia (aumento della quantità di ossigeno nei polmoni). In questo modo, introducendo l’ossigeno attraverso la respirazione, si avrà la sua diffusione in tutto il corpo permettendo il conseguente ripristino dei valori di ossigenazione.

Ossigenoterapia

Ossigenoterapia

Come si somministra l’ossigeno ai pazienti

Se il paziente ha necessità di una somministrazione ad alto flusso, l’ossigeno è somministrato tramite catetere o mediante l’inserimento di un tubicino nella trachea del paziente. In entrambi i casi si tratta di procedure molto invasive.

Se invece deve essere somministrato ossigeno a basso flusso,  si utilizzano le cannule o gli occhialini. Le cannule sono un tipo di tubicino con due fori che vanno inserite nelle narici per fare in modo che l’ossigeno raggiunga direttamente le vie respiratorie. Gli occhialini vanno indossati invece come un paio di occhiali, da far passare sotto il naso e dietro le orecchie.

Maschera per ossigenterapia modello Venturi

Maschera per ossigenterapia modello Venturi

La mascherina per ossigenoterapia, infine, può essere usata in entrambi i casi: quella di tipo “Venturi”, in cui è possibile regolare la quantità di ossigeno a seconda delle necessità per miscelarlo con l’aria dell’ambiente, è utilizzata per l’alto flusso. Quella classica è indicata per la somministrazione a basso flusso,  e l’ossigeno proviene da un apposito sacchetto detto reservoir.

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